niki lauda

Niki e la X1/9

Il pilota austriaco ebbe in dotazione come testimonial della Special
due X1/9 SPECIAL


ed una invece venne regalata alla moglie Marlen nel 1977 una splendida lido nera versione speciale .


www.f1italia.it
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Andreas Nikolaus Lauda nasce da una famiglia
bene di Vienna il 22 Febbraio 1949.
Lo stato sociale della sua famiglia gli
dà sia seccature che agi.
Il suo nome lo agevola nel lavoro e negli affari
nonostante abbia tagliato i ponti con la sua
famiglia, provocando profonda costernazione
in tutti. Riallaccia comunque i rapporti quando
gli diviene necessario per trovare
in prestito i fondi per correre.

Lauda non si avvicina alle gare automobilistiche
grazie alla figura di qualche pilota eroico
ma solamente a causa di un suo innato interessamento
che ha fin dai primi anni. Da quando compie dodici
anni parcheggia le macchine dei parenti che li
vanno a trovare. Poco più tardi gli viene
regalato un maggiolone cabrio del 1949
che guida nelle proprietà dei parenti.
Partecipa alla sua prima gara, una gara
in salita, nel 1968 a bordo di
una Cooper arrivando secondo.

Da allora in poi, a dispetto dell’insistenza
del padre che lo voleva lontano dalle
gare automobilistiche, continua a competere
nella gare in salita e più tardi in Formula Vee.
Comincia a farsi strada verso la Formula 3
dove non lesina né sé stesso né le vetture.
Nel 1971 abbandona questa categoria per passare in Formula 2.

Grazie all’ottima reputazione economica della sua famiglia,
riesce ad assicurarsi prestiti che diversamente
non gli sarebbero stati concessi.
Li usa per comprarsi un posto di pilota in Formula 2,
nel 1971, con la March, in accoppiata con
Ronnie Peterson (il quale aveva anch’egli pagato per correre)
e per una combinazione Formula 1/Formula 2 per l’anno seguente.
Quando la March fallisce, riesce a persuadere
Louis Stanley della BRM a vendergli un posto.
In quest’avventura colleziona talmente tanti debiti
da far impallidire chiunque. La fortuna continua però a
voltargli la schiena finchè la sua abilità viene notata e,
dapprima, comincia ad essere stipendiato da Stanley.
La chiamata di Luca Montezemolo della Ferrari gli
arriva appena prima del suo crollo finanziario, cosa
che non lo aveva neppur minimamente preoccupato anche se,
più tardi, confesserà di essere stato un pazzo.
Strappa il suo contratto con la BRM e
firma come pilota Ferrari per due stagioni.

Nel 1974, il suo primo anno al cavallino rampante,
Lauda colleziona le prime delle 26 vittorie in Formula 1.
Lui ed il suo compagno di squadra Clay Regazzoni
corrono con ottime vetture e concorrono
al titolo di Campione del Mondo.
Lauda agguanta il titolo l’anno successivo su
una vettura tecnicamente molto superiore alle avversarie.
Ha 5 vittorie ed un ampio margine dal secondo classificato.
Ha ribattezzato il 1975 "l’anno incredibile"
proprio per la facilità e la naturalezza con cui vince.

Il campionato successivo si presenta come quello
che Lauda può tranquillamente vincere, ma non sarà così.
Nel 1976 la sicurezza è ai minimi livelli e,
durante il Gran Premio del Nurburgring -
che ancora si correva sul vecchio tracciato da oltre 12 km -
Niki Lauda ebbe un gravissimo incidente
dal quale uscì segnato per sempre.
Le conseguenze più gravi le ebbe a causa dei ritardi
dei mezzi di soccorso che, su una pista così lunga,
impiegavano moltissimo tempo ad arrivare;
da quell’anno il tracciato tedesco viene
ridisegnato con la conformazione attuale.
Il 1976 è comunque ricordato come l’anno
più drammatico della Formula 1.

In quella stagione Lauda, nonostante una costola
rotta dovuta ad una caduta dal trattore nella
sua proprietà di Salisburgo, ha già un discreto
vantaggio sugli inseguitori.
Il suo diretto inseguitore, il pilota playboy
James Hunt, riesce, con la sua McLaren,
ad agguantare la vittoria al Gran Premio
di Gran Bretagna nonostante una presunta violazione
del regolamento tecnico e, al Gran Premio di Germania,
Lauda si presenta con più di 20 punti di vantaggio sull’inglese.

La partenza è, come sempre, bruciante, ma dopo una sosta anticipata
- per cambiare le gomme da bagnato ad asciutto -
in uscita dalla curva Bergwerk, la sua Ferrari
scarta improvvisamente sulla destra e colpisce
la massicciata a bordo pista contro la quale rimbalza
e ritorna ad attraversare la pista:
in quel momento sopraggiunge Brett Lunger che non
riesce ad evitare l’impatto e colpisce in pieno la Ferrari
di Lauda che prende fuoco!
Parecchi piloti, tra cui lo stesso Lunger, Guy Edwards
ed un coraggiosissimo Arturo Merzario si fermano e cercano
in ogni modo di estrarre Lauda da rottame in fiamme.
Alla fine di una lotta eroica, Lauda è fuori dalla monoposto
ma si capisce subito che le lesioni sono molto gravi.
Il caldo ed i gas tossici sprigionati dall’incendio
gli hanno danneggiato i polmoni ed il sangue.
Il suo casco si è in parte sciolto e presenta parecchie
bruciature alla testa.
Com’è inevitabile, entra in coma e per qualche ora la sua vita
sembra appesa ad un filo.
Comunque riesce a riprendersi e, mostrando un coraggio
difficile da eguagliare, dopo sei settimane è già al
volante della sua Ferrari
(solo dopo molti anni dichiarerà che quel giorno era pietrificato dalla paura).


Durante queste sei settimane vengono corse due gare
che vedono Hunt avvicinarsi notevolmente alla testa
del campionato vincendo sia a Brands Hatch che a Zandvoort.
Il ritorno alle gare di Lauda gli frutta, a Monza, uno sbalorditivo
quarto posto con tre punti.
Hunt vince entrambe la gare nordamericane;
Lauda in Canada è costretto al ritiro a causa della
rottura di una sospensione e, a Watkins Glen,
agguanta il terzo posto.
Con questo ritmo impressionante Hunt si ritrova
a soli 3 punti da Lauda con una sola gara
- il Gran Premio del Giappone - in calendario.

La gara inizia sotto una pioggia torrenziale e,
dopo due giri, Lauda si ritira dicendo che è da
pazzi correre in quelle condizioni.
In quel caso Lauda è probabilmente influenzato dall’incidente
del Nurburgring, infatti dopo poco la pioggia diminuisce
e Hunt termina terzo
- a causa di problemi durante la sosta ai box per il cambio gomme -
collezionando i 4 punti che gli consentono di agguantare il titolo.

Hunt ha vinto 8 Gran Premi - di cui 6 nelle ultime 9 gare -
contro i 4 di Lauda (nel 1976 il vincitore
portava a casa 9 punti anziché i 10 attuali).
In quel campionato Hunt dimostra il miglior spirito agonistico britannico
(ed uno stile di vita altamente disinibito....) vincendolo,
ma è Lauda il vero eroe della stagione riuscendo a superare
l’enorme pressione psicologica che gli arriva dal riuscire a
dominare ancora un campionato pur risentendo del gravissimo
incidente che gli è occorso.
Quello che è accaduto a Fuji è solo una piccola ombra totalmente
comprensibile nella sua situazione.

Nel 1977 Lauda si avvia a vincere il suo secondo campionato,
pur vincendo solamente 3 gare, quando lascia
improvvisamente la Ferrari in Canada.
La separazione non è amichevole e solo dopo molto tempo
Lauda ritratterà molte delle critiche mosse alla squadra.
E’ l’esempio di un raro individuo che non si è mai fatto
intimorire da Enzo Ferrari e non ha gradito la
situazione che si è creata e le parole accese che
gli sono state rivolte dal Drake dopo
il suo ritiro alla gara del Giappone.

Nel 1978 Lauda va alla Brabham di Bernie Ecclestone
e Gordon Murray ma non c’è il successo che ci si era
aspettati dal trio.
Il 12 cilindri Alfa non è infatti il massimo che ci
sia mentre Ecclestone è troppo impegnato nelle manovre
che lo porteranno alla posizione che tuttora occupa.
L’unica cosa degna di nota durante le due stagioni di
Lauda alla Brabham è la ingloriosa "macchina a ventola".

La Lotus era stata la prima ad avviarsi a grandi passi
verso il cosiddetto "effetto terra", il cui scopo è
quello di ridurre il flusso d’aria sotto la vettura in
modo da incrementare la tenuta e quindi la velocità in curva.
In un esercizio di scopiazzatura dei più spudorati
- che fece diventare Colin Chapman verde dalla rabbia -
Brabham fece una vettura pari pari alla
Lotus con una differenza:
i radiatori vengono spostati nel posteriore della
vettura e vengono raffreddati con una grande ventola
che riesce a convogliare molta più aria rispetto a
quella che arriva ai tradizionali radiatori laterali.
Naturalmente lo scopo del ventolone è soprattutto
quello di risucchiare l’aria da sotto la vettura
per incrementarne l’aderenza. Lauda e John Watson
impiegano tutte le loro conoscenze e le loro capacità
per rendere la macchina imbattibile. Alla fine, ad Anderstorp,
nel 1978, Lauda è al volante di questa strepitosa
vettura con la quale non vincerà mai niente:
viene infatti subito squalificata
perché in conflitto con il regolamento tecnico......

In Canada nel 1979, a due anni esatti
dall’abbandono della Ferrari, a metà delle
qualificazioni Lauda decide che non vuole più correre
e si ritira subito dalla Formula 1.
Per le due stagioni successive si dedica alla sua
compagnia aerea e fa il commentatore per la televisione tedesca.

Niki Lauda rientra in Formula 1 nel 1982 per,
da sua stessa ammissione, problemi finanziari.
La compagnia aerea che ha aperto (amo volare,
quindi perché non aprire una compagnia aerea
- è nello stile Niki Lauda) è sull’orlo della bancarotta.
Firma con Ron Dennis e la McLaren - con compagno John Watson -
con un contratto per solo 4 gare e la promessa di una guida aggressiva.
Il ritorno di Lauda si aggroviglia con la grande
guerra in corso tra FISA e FOCA.
Una delle peggiori scaramucce di questo sporco affare
si ha nel Gran Premio del Sudafrica del 1982.

La cosiddetta Super Licenza per la Formula 1
è stata introdotta dalla FISA nello sforzo di tenere
fuori dagli abitacoli i piloti mediocri.
I team manager membri della FOCA (con l’apparente connivenza della FISA)
hanno comunque preso vantaggio dall’introduzione
della licenza per tenersi legati i piloti ai propri team.
Ma Lauda e altri piloti si rifiutano di firmare
per quello che potrebbe diventare un cappio al collo
e si vedono esclusi dal Gran Premio del Sudafrica
perché senza licenza.
Lauda e Didier Pironi, alla testa dell’Associazione Piloti di Formula 1,
organizzano un meeting di protesta e si chiudono nella sala
riunioni di un albergo dove contrattano per tutta la notte
con il responsabile della FISA Jean-Marie Balestre.
Al termine dell’estenuante trattativa, Balestre capitola e
la gara viene disputata;
Lauda arriva quarto nella sua prima gara al rientro in Formula 1.
Il suo ritorno alle gare prosegue in maniera impressionante:
a Long Beach sale sul gradino più alto del podio,
alla terza gara della stagione.
Nel resto del campionato vince ancora la gara di Brands Hatch.
Il 1983 è un anno di transizione che vede il termine della
vita del TAG turbo e, nella stagione 1984, Lauda ritorna ai
massimi livelli della Formula 1.

Sebbene vinca il titolo per solo mezzo punto
di vantaggio, oscura totalmente il suo velocissimo rivale
- e compagno di scuderia - Alain Prost.
Lauda è sempre riuscito ad essere un gradino
più in alto dei suoi validissimi compagni di squadra
- Regazzoni, Reutmann e Prost - grazie anche a quella sorta
di auto confidenza con sé stesso,
le sue capacità e la vettura che guida.

Il suo successo, oltre che alle sue indiscusse
abilità di pilota, è dovuto anche a due fattori
che vengono spesso trascurati.
Il primo è la sua onestà nei confronti degli
altri – avversari e non – nella misura in
cui loro lo sono con lui.
Il secondo è la sua totale dedizione a quello che fa.
Quando Lauda decide di fare una cosa ci mette tutto
sé stesso ed è per questo che, nonostante i suoi
scarsi rendimenti scolastici, impara in fretta l’inglese e,
più tardi in Ferrari, l’italiano; insieme ai suoi
collaboratori ha scritto 4 libri sulle corse che
rimangono tuttora tra i più dettagliati ed interessanti.

Un buon esempio di quanto detto si ha dopo il suo
secondo ritiro dalle corse. Uno dei 767 della sua
compagnia aerea, la Lauda Air, ha un guasto poco
dopo la partenza da Bangkok e precipita nella giungla.
Nel disastro rimangono uccisi tutti i passeggeri
e l’equipaggio e le cifre sono drammatiche:
i morti sono più di cento.
Lauda parte subito dall’Austria e si reca sul luogo
del disastro, la foresta pluviale di Thai e qua,
in uno spettacolo raccapricciante tra pezzi di aeroplano
e corpi di passeggeri, rimane finché non riesce a scoprire
il punto di cedimento dell’aereo.
A quel punto torna in Inghilterra dove prova la sua
teoria sulla rottura in un simulatore di 767:
la teoria è confermata.
Indice una conferenza stampa nella quale, con la tipica chiarezza
e concisione che sono il suo marchio, sostiene che il difetto
che ha causato la caduta del suo mezzo è congenito alla costruzione
di questi apparecchi.
L’indagine che si concluderà parecchi anni dopo
giunge alla stessa conclusione.
Il suo secondo ed ultimo addio alle corse ad Adelaide
nel 1985 avviene, anche questo, nel suo stile:
veloce e senza fronzoli.
La sua McLaren sta volando sul rettilineo ma, alla staccata,
i freni anteriori non rispondono:
la via di fuga ferma la vettura, lui scende e scompare
dietro le barriere senza guardarsi indietro una sola volta.

autosportnews

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I grandi titoli sui quotidiani di quei primi giorni
di agosto del 1976. E le foto di Marlene e Florian
nascosti dagli occhiali da sole all'uscita dell'ospedale di Mannheim.
E il misto di incredulità, attesa e dolore dei mass-media.
Il mio primo contatto con la Formula 1 risale a quei giorni.
All'incidente del Nürburgring del 1° agosto 1976,
che stava per portarsi via Niki Lauda e che invece
restituì un uomo trasformato nel volto e nella personalità.
Prima di quel drammatico incidente non sapevo neanche
cosa fossero la Ferrari e la Formula 1, in fondo ero una bambina.

Non ho memoria della Formula 1 degli anni precedenti,
né del grande entusiasmo che nel 1975 dovette accogliere
il titolo mondiale conquistato da Niki Lauda, una quindicina
d'anni dopo l'ultima vittoria del Cavallino Rampante.
Sono state le letture degli anni successivi a raccontarmi
dell'affetto speciale, misto di amicizia e odio, stima e diffidenza,
che aveva legato Enzo Ferrari a Niki Lauda,
la sua ennesima scommessa vinta. E sempre gli anni successivi
mi hanno raccontato della rivalità interna tra Niki e Clay Regazzoni,
in cui l'amicizia che legava il campione austriaco
all'allora direttore sportivo Luca di Montezemolo giocò un ruolo non secondario.
E mi hanno parlato di tutti i soprannomi che aveva Lauda negli
anni che avevano preceduto il Nürburgring: il computer,
il ragioniere, il pilota di ghiaccio.
Il pilota che ho conosciuto io era molto diverso:
il suo volto di ventisettenne era stato duramente
colpito dalle fiamme, il suo gusto per la velocità
non si era spento, ma il suo spirito di combattente
aveva scoperto che esistevano valori da non dimenticare.
La sicurezza, per esempio: per anni Niki è stato uno dei
paladini della sicurezza dei circuiti e dei piloti,
diventando il più carismatico e più ascoltato
rappresentante dei suoi colleghi.
E non dimenticava neanche la paura, precedendo in questo
il più grande dei suoi "allievi", quell'Alain Prost tanto
simile a lui per stile di guida e carisma che, come lui,
sotto la pioggia, preferì ritirarsi piuttosto che rischiare la vita.
Niki Lauda lo fece durante il Gran Premio del Giappone del 1976.
Era l'ultima gara della stagione, quella che avrebbe deciso
la vittoria mondiale tra lui e James Hunt. La pioggia iniziò
a battere il circuito del Fuji e Niki preferì ritirarsi
dicendo "Ho paura".
Il titolo mondiale andò a James Hunt per un punto,
ma Lauda, il ragioniere del volante, aveva evidentemente
scoperto qualcosa di più importante.

Nel 1977, il 6 marzo, in SudAfrica, Niki raccolse la prima
vittoria del dopo Nürburgring e, un paio di Gran Premi prima
della fine del Campionato, il secondo titolo mondiale.
Aveva dimostrato che, nonostante l'incidente,
la paura e la scoperta di un altro se stesso,
era ancora il miglior pilota del Circus.
Quello che la Ferrari e Ferrari avrebbero rimpianto,
pur ammettendolo parecchi anni dopo.
Poco prima del Gran Premio di Monza Niki Lauda
ufficializzò il divorzio da Maranello e il passaggio alla Brabham.
Fu un addio carico di polemiche e di rancori.
I titoli sui giornali riportavano gli sfoghi di Niki Lauda,
che accusava l'entourage dell'Ingegnere, di freddezza e cinismo,
capace di cercare il suo sostituto definitivo mentre lui si stava
faticosamente riprendendo dalle conseguenze dell'incidente e di
fargli mancare appoggio e fiducia.
E riportavano il freddo silenzio di Maranello,
che probabilmente non si aspettava un addio così brusco e denso di odio.
Qualche anno dopo, quando Niki aveva deciso che poteva tornare
a Maranello per andare a visitare Enzo Ferrari e quando gli
odii e i rancori avevano lasciato il posto alla malinconia dei ricordi,
Ferrari disse:
"Se fosse rimasto con noi Niki Lauda avrebbe battuto il record
di Fangio" Chissà. Rimane il fatto che Niki, sentendosi tradito,
preferì cercare nuove sfide al volante della Brabham di
Bernie Ecclestone e che Ferrari, indispettito e ferito,
lo sostituì con un oscuro canadese che lasciò interdetti
i tifosi e rese ancora più carico di incognite il futuro senza Niki.
Si sa poi chi è diventato il canadese e cosa hanno rappresentato
i cinque anni successivi per il tifo ferrarista grazie al ragazzo del Quebec:
verrebbe quasi da dire "Grazie Niki per aver cercato altre
sfide e per averci dato Gilles Villeneuve" Ma questo è un altro discorso.
La scelta di Niki Lauda non si rivelò felice:
i due anni trascorsi alla Brabham ebbero come bilancio
due sole vittorie, nel 1978, in Italia e in Svezia, quest'ultima ottenuta
con una vettura sempre sospettata di irregolarità a causa di un
enorme ventilatore posteriore. Se c'è stato qualcosa
di buono in quegli anni per Niki Lauda è l'amicizia con Nelson Piquet,
giovanotto brasiliano e velocissimo che avrebbe messo a
frutto negli anni successivi i segreti imparati grazie al maestro austriaco.
Annoiato e demotivato, Lauda annunciò il ritiro nel '79.
E fu un colpo per la Formula 1 perché il suo carisma,
la sua forza e la sua lucidità non avevano eredi.
Ma fu un ritiro di breve durata. Un paio di anni dopo
Niki Lauda tornò alle gare, si disse soprattutto
per motivi economici (la compagnia aerea che aveva fondato,
la Lauda Air, era in difficoltà finanziarie).
Doveva però esserci dell'altro. Nel 1984 Niki fu
infatti protagonista di una delle più belle ed entusiasmanti
sfide tra compagni di squadra che la storia ricordi,
quella con Alain Prost. Per tutta l'estate Niki e Alain
si sfidarono sui circuiti di mezzo mondo, avendo come
co-protagonisti stelle del calibro di Nelson Piquet e Ayrton Senna Da Silva.

L'epilogo avvenne all'Estoril, in Portogallo,
dove Alain per aggiudicarsi il titolo doveva assolutamente
vincere il Gran Premio, nella speranza che Niki non arrivasse secondo.
E invece andò proprio così: Alain vinse la gara, ma Niki,
autore di una rimonta straordinaria, arrivò secondo e si aggiudicò
il Campionato per mezzo punto. Uno schiaffo, quel mezzo punto,
per il futuro Professore, che sul podio dell'Estoril
aveva un espressione incredula e sconfitta.
Ma anche sorridente. Che strano quell'Alain Prost portoghese.
E che bello il volto di Marlene sul podio dell'Estoril:
lei che odiava i circuiti e la Formula 1 aveva voluto essere
presente il giorno in cui suo marito tornava grande senza la Ferrari.
L'anno successivo, ormai demotivato, Niki abbandonò le gare.
Questa volta definitivamente.
Ma non si può dire che si sia veramente ritirato:
ogni volta che c'è un argomento che divide gli animi,
il giudizio di Niki Lauda è ancora uno dei più ascoltati.
Il suo ruolo alla Ferrari, negli anni della ricostruzione,
gli ha permesso di ritrovare vecchie amicizie e l'antico e mai
sopito affetto dei tifosi. Il suo carisma è ancora intatto e non c'è nessuno,
neanche tra i campioni del mondo che si sono succeduti
che abbia saputo sostituire il suo fascino, il suo carisma,
la sua lucidità.
Da qualche parte è stato scritto che "Altri
sono stati più grandi di lui, ma nessuno è stato come lui".
Non esiste forse definizione migliore.

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