X1/9 CLUB REGISTRO ITALIA

AVV. GIANNI AGNELLI

tutta la sua vita

 

Una collezione di articoli trovati sul web dedicati alla scomparsa dell 'Avvocato Agnelli

La scomparsa di Giovanni Agnelli
L'Avvocato si è spento nelle prime ore di venerdì 24 gennaio 2003 a Torino. Il 12 marzo avrebbe compiuto 82 anni. Con lui è finita un'era
Giovanni Agnelli è morto. Il presidente onorario della Fiat, senatore a vita, protagonista incontrastato della storia economica, sociale e politica del Novecento italiano, si è spento nelle prime ore di venerdì mattina all'età di 81 anni, nella sua abitazione torinese di villa Frescot. Da tempo era malato di cancro alla prostata e le sue condizioni di salute, già gravissime nel tardo pomeriggio di giovedì, la stessa serata si sono ulteriormente complicate. Insieme a lui, negli ultimi momenti, c'erano la moglie Marella e la figlia Margherita con i suoi figli.
La notizia è stata resa nota nelle prime ore del mattino dalla famiglia con una nota ufficiale. La camera ardente è stata allestita nella pinacoteca del Lingotto, secondo il cerimoniale del Senato. I funerali, invece, si sono svolti domenica 26 alle 10 nel Duomo di Torino in forma ufficiale. Saranno seguiti da una cerimonia in forma strettamente privata con la quale la salma è stata tumulata nella tomba di famiglia a Villar Perosa.
Senza mai lasciare idealmente il bastone del comando dell'impero finanziario che fa riferimento alla Casa automobilistica torinese, l'Avvocato aveva da qualche tempo ridotto le sue apparizioni pubbliche a causa di una serie di problemi di salute. Problemi che lo avevano già costretto a maggio a un viaggio negli Stati Uniti per sottoporsi a cure specialistiche alla prostata. In quell'occasione, per la prima volta dopo oltre quarant'anni, era mancato a una riunione del consiglio di amministrazione dell'Ifi, il colosso finanziario che riunisce le principali partecipazioni azionarie della dinastia Agnelli.
Destino ha voluto che proprio nel giorno della scomparsa, l'assemblea dei soci della "Giovanni Agnelli & C", la società cassaforte della famiglia, fosse convocata per affrontare la crisi di vendite del settore auto e dare seguito alla successione dell'Avvocato, come lui stesso aveva indicato. L'assemblea ha deliberato di nominare presidente Umberto Agnelli e di varare un aumento di capitale di 250 milioni di euro.
La sua scomparsa ha gettato nel lutto l'Italia, e non solo. L'Avvocato, infatti, ha rappresentato uno dei simboli più riconosciuti e rispettati del Bel Paese in tutto il mondo. Nato il 12 marzo del 1921, fino ad oggi era il grande vecchio di una stirpe principesca il cui capostipite è stato Edoardo I (1831-1871) anche se il fondatore del granducato Agnelli è stato Giovanni I, ufficiale di cavalleria, nato nel 1866 e morto nel 1945. Da quest'ultimo discende Edoardo II, improvvisamente morto su un idrovolante nel 1935, padre di Giovanni II, meglio noto come Gianni, e dei duchi e delle duchesse Susanna, Maria Sole, Cristiana, Giorgio e Umberto.
Gianni Agnelli era sposato con Marella Caracciolo ed era padre di Edoardo (tragicamente scomparso a 46 anni nel novembre 2000) e di Margherita, 43 anni, che vive a Parigi con il secondo martito, Serge de Phalen. Principe e padrone dell'economia italiana, Gianni Agnelli ha vestito, nella sua giovinezza, anche i panni cavallereschi del dandy e del playboy. Uomo di grande cultura, capace di un sottile umorismo, ha vissuto da protagonista gli eventi che hanno cambiato la storia di questo secolo a fianco dei grandi della Terra come Kissinger, Kennedy e Krusciov che conosceva bene. Note in tutto il mondo le sue due grandi passioni sportive: la Juventus e la Ferrari.
Una vita dorata, la sua, ma anche caratterizzata da grandi tragedie. Oltre alla morte di Edoardo, aveva dovuto assistere impotente alla scomparsa del suo erede designato: il nipote Giovannino, figlio di Umberto. Già manager di successo, il 33enne, era stato stroncato da un tumore nel dicembre 1997. Per garantire una continuità alla guida dell'azienda, l'Avvocato aveva così scelto John Elkann, il giovanissimo (27 anni) e promettente nipote primogenito di Margherita Agnelli. Il destino della Fiat di domani è soprattutto nelle sue capacità.


News2000
Agnelli, il suo stile si impose nel mondo
Tutte le regole "infrante" dall'Avvocato. L'orologio sul polsino della camicia, la cravatta fuori del pullover, le scarpe sportive sotto il completo di grisaglia
Roma (Adnkronos) - «Don't forget you are Agnelli». Così ammoniva Miss Parker la governante inglese i sei rampolli della grande famiglia torinese quando volevano giocare con i bambini i cui genitori non erano ricevuti in casa. Nell'Italia degli anni venti, all'alba del fascismo i piccoli eredi del più grande impero industriale italiano venivano allevati all'insegna del più rigoroso british style e vestivano sempre alla marinara: blu d'inverno, bianco e blu a mezza stagione e bianca in estate. Per il pranzo Gianni indossava un'altra marinara. Con gli anni l'Avvocato avrebbe comunque modificato quello stile eccessivamente severo imposto dal rango per invertarsene uno tutto suo, destinato a fare il giro del mondo attraverso prestigiosi magazine, da ''Newsweek'' e ''Time", e ad essere imitato da intere generazioni. L'orologio sul polsino della camicia, la cravatta fuori del pullover, le scarpe sportive sotto il completo di grisaglia. L'avvocato le regole le ha violate tutte. E in tanti lo hanno seguito. È stato lui per primo a portare in Italia dall'America le camicie con il colletto botton down della Brooks Brothers. Bello, ricco, amante dello sport, dell'azzardo, della discesa precipitosa sugli sci, desiderato dalle donne, protagonista delle cronache mondane degi anni cinquanta con Errol Flynn, Porfirio Rubirosa, l'Aga Khan, Ranieri di Monaco, è stato il John Kennedy d'Italia. Un simbolo. L'icona di tutto ciò che si può sognare. «Mettigli un elmo in testa, mettilo a cavallo. Ha la faccia del re», diceva di lui Federico Fellini. È per questo che le sue cravatte larghe, come le portava il duca di Windsor, che lui ha imitato senza però mai confessarlo, sono diventate un must. E così i suoi completi grigi, le giacche di principe di Galles, confezionate da Caraceni, e le Tods sotto l'abito elegante. Ha fatto scuola anche con la sua passione per la vela. Di barche ne ha avuto di ogni genere, dalle piccole sei metri alla celebre Extra Beat, di oltre 35 metri. E anche in questo in molti lo hanno rincorso. Ma era lui che i rotocalchi femminili richiedevano soprattutto in costume da bagno. O come nella famosa foto scattata nel 1982 da un paparazzo mentre lui era al timone e l'asciugamano gli scivolava via. Abitudinario, si alzava sempre molto presto la mattina, poco dopo le sei. E cominciava la giornata con una colazione leggera, fette biscottate, marmellata, tè, e dopo ginnastica, massaggi e lettura dei quotidiani, quelli stranieri, Financial Times, Wall Street Journal, Herald Tribune, Le Monde e quelli italiani, prima di tutti La Stampa, il Corriere della Sera, Repubblica. Leggendarie le sue telefonate al mattino presto. Si racconta che puntuale alle 6,30 chiamasse il direttore della Stampa per chiedere quali fossero le novità. Aveva a casa due centralinisti a disposizione che lo collegavano rapidamente con chiunque volesse. Come un principe non maneggiava mai denaro e viaggiava senza valige. A fargli trovare tutto ciò che gli occorreva e che desiderava ci pensava Brunetto, il maggiordomo. Sobrio a tavola, a carne, aragoste, caviale, preferiva o gli spaghetti o la minestra in brodo, ricotta o prosciutto. Adorava il salmone fresco e si concedeva sempre con piacere un bicchiere di vino. Quello che preferiva era il Chianti rosso. Fumava qualche sigaretta al giorno, le sue preferite Camel e Chesterfield. E qualunque cosa al mondo succedesse non si negava un breve riposo pomeridiano. Non usciva con piacere la sera. E puntualissimo tornava a casa per le 20 in tempo per vedere il Tg1. Di tanto in tanto si faceva proiettare qualche film.

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Un catalogo delle "frecciate": da Michel Platini a Roberto Baggio, da Enrico Berlinguer a Tommaso Buscetta
Roma (Adnkronos) - Da Michel Platini a Roberto Baggio, da Enrico Berlinguer a Carlo De Benedetti, fino a Marta Marzotto, Franco Zeffirelli e Ciriaco De Mita, passando perfino attraverso Tommaso Buscetta: le battute di Gianni Agnelli, spesso delle frecciate, tanto bizzarre quanto imprevedibili, non hanno risparmiato nessuno e sono entrate spesso nell'immaginario collettivo. Dell'allora stella bianconera Michel Platini disse: «L'abbiamo comprato per un tozzo di pane e lui ci ha messo sopra il foie gras». Per rimanere nel mondo del calcio, di Roberto Baggio ha detto che è «un coniglio bagnato» mentre ha definito Zibì Boniek «bello di notte». Se Aldo Serena era «bravo dalla cintola in su», di Alex Del Piero ha commentato: «Mi ricordava Pinturicchio. Adesso è Godot». Quanto ad Armando Diego Maradona è stato «migliore di qualunque allenatore». Quando gli fu chiesto di commentare una dichiarazione del superpentito di mafia Tommaso Buscetta, Agnelli affermò: «Buscetta ha detto di essere ossessivamente un tifoso della Juventus? Se lo incontrate ditegli che è la sola cosa di cui non potrà pentirsi». Le sue frecciate non hanno risparmiato neppure Franco Zeffirelli: «È un grande regista. Ma quando parla di calcio non lo sto nemmeno a sentire». Perfida la battuta a suo tempo riservata ad Enrico Berlinguer quando partecipò al picchettaggio di Mirafiori: «Fino ad oggi il Partito comunista è stato visto con due prospettive: quella della speranza e quella della paura. Dopo l'episodio di oggi credo che la prospettiva della speranza sia cancellata». Con Carlo De Benedetti si racconta che ci sia sempre stato un rapporto di odio-amore, probabilmente riassumibile in questa battuta che Agnelli si lasciò sfuggire dopo un'affermazione su Fiat del presidente di Cir: «Faccio i complimenti a De Benedetti anche se lui parla male di noi». Neppure i più stretti collaboratori sono stati risparmiati dall'ipse-dixit di Agnelli. È il caso, ad esempio, di Luca Cordero di Montezemolo, presidente della Ferrari, del quale ha sottolineato: «Come tutti i politici, anche Montezemolo è molto sensibile a quello che scrivono i giornali. Anzi: è più sensibile ai giornali che ai fatti. Sbaglia». Fulminante la risposta che Agnelli riservò ormai quasi venti anni fa a Marta Marzotto, che incrociò in un albergo a Milano. «Avvocato, sono Marta Marzotto», le disse la nobildonna correndogli incontro. E lui: «Sì, lo so», sveltendo il passo per raggiungere l'ascensore. Un capitolo a parte meritano le battute dell'Avvocato su amore e donne. «Mi chiedete se mi sono mai innamorato? Si innamorano soltanto le cameriere», rispose trent'anni fa a un gruppo di giornalisti americani. «Ho conosciuto mariti fedeli che erano pessimi mariti. E ho conosciuto mariti infedeli che erano ottimi mariti. Le due cose non vanno necessariamente assieme», ha detto in un'altra occasione. Memorabile il duetto con il leader socialdemocratico Giuseppe Saragat, il quale osservò durante una cerimonia a Roma: «Caro Agnelli adesso che è presidente della Fiat non potrà più corteggiare le ragazze». Facendo arrossire Saragat, gli rispose: «Allora mi dimetto subito». Sullo stesso tema c'è da registrare anche questa massima personale: «Gli uomini si dividono in due categorie: gli uomini che parlano di donne e gli uomini che parlano con le donne. Io di donne preferisco non parlare». Anche in campo politico Gianni Agnelli è apparso spesso sorprendente, come in tempi recenti. «Non siamo una repubblica delle banane», affermò nell'aprile 2001, alla vigilia delle elezioni politiche, respingendo i severi giudizi della stampa straniera su Silvio Berlusconi. Ma quando Renato Ruggiero, all'inizio del gennaio 2002 si dimise da ministro degli Esteri del governo Berlusconi, l'Avvocato reagì con stizza in un'intervista al giornalista che gli ricordava la sua precedente battuta sulle banane: «Sa quale è la verità? Nel nostro Paese purtroppo non ci sono nemmeno banane. Ci sono soltanto fichi d'India». Due battute che hanno scatenato reazioni e polemiche a catena per giorni e giorni dentro e fuori il Palazzo della politica e dell'economia. Negli anni Ottanta fece discutere la sua definizione dell'allora segretario Dc Ciriaco De Mita come «un tipico intellettuale della Magna Grecia».

Paolo Martini

L'arte dell'Avvocato, una passione segreta
Nella raccolta privata il ritratto di Andy Warhol tra i dipinti di Balthus e i quadri di Picasso. Affidò a Renzo Piano la progettazione della pinacoteca del Lingotto
Roma (Adnkronos) - Gianni Agnelli ha mantenuto un costume di riservatezza rispetto alla sua passione di collezionista d'arte. Una passione che ha coltivato da personaggio eclettico e contro le mode. Fin quasi ad alimentare una leggenda, che ha provveduto lui stesso a sfatare in anni recenti, quando ha affidato al famoso architetto Renzo Piano la progettazione di una pinacoteca al Lingotto, dove è stata raccolta parte della sua collezione privata: che spazia dal Rinascimento al Futurismo. L'Avvocato ha condiviso questa passione con la moglie Marella Caracciolo ed insieme, nel corso di quasi 40 anni, hanno scelto oltre 300 quadri. Entrambi hanno nutrito un grande amore per Balthus, tanto da esporre due dipinti del pittore francese di origine polacca nella loro casa romana, di fronte al Quirinale, la più visitata delle residenze degli Agnelli. Nella collezione spiccano opere di Pablo Picasso ma anche dipinti del romanticismo francese (David e Delacroix) e della secessione viennese (Gustave Klimt). Accanto a sei Matisse, spiccano i lavori delle avanguardie artistiche italiane del primo Novecento: Severini, De Chirico, Balla, Marinetti, Carrà. Un celebre gallerista londinese, Edmondo di Robilant, ha osservato che Gianni Agnelli è stato negli anni Sessanta il primo grande mecenate a capire il valore della figurazione dell'arte contemporanea, acquistando opere di Lucien Freud e Francis Bacon. La grande attenzione all'arte americana contemporanea da parte di Agnelli è segnalata anche da un episodio che è ormai passato alla storia: il suo incontro con Andy Warhol, il re della pop-art. Nel 1972 Warhol realizzò il ritratto dell'Avvocato, a cui seguì quello della moglie Marella, entrambi custoditi nella collezione di famiglia. Quell'immagine di Agnelli con la sigaretta in bocca tenuta con la mano destra è ritenuta dalla critica degna della fama dei ritratti che Warhol ha dedicato a Marilyn Monroe e Mao. Accanto a questa passione privata, Gianni Agnelli ha poi coltivato in pubblico il mecenatismo, come dimostra tra l'altro Palazzo Grassi a Venezia, l'istituzione della Fiat che dal 1986 ospita mostre ed eventi culturali di respiro internazionale.

Paolo Martini
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Ecco alcuni degli innumerevoli commenti a caldo di chi ha conosciuto l'Avvocato


Luca Cordero di Montezemolo
«La scomparsa di Giovanni Agnelli lascia un vuoto incolmabile nella mia vita». È il commento del presidente della Ferrari, Luca Cordero di Montezemolo, alla morte dell'Avvocato. «Da oltre 35 anni - ha detto - la sua amicizia e il suo affetto sono stati per me un punto di riferimento insostituibile. Non dimenticando mai quanto mi sia stato vicino nei momenti più difficili, con grande riconoscenza dedico a lui i successi della Ferrari ben conoscendo la parte fondamentale che ha avuto».

Romano Prodi
«Ho appreso la notizia con grande dolore. Agnelli non è stato solo il rappresentante più conosciuto dell'Italia industriale, ha accompagnato tutto il cambiamento del nostro Paese, con la sua presenza e con le sue parole di stimolo, di etica. E sempre con l'idea di legare l'Italia alla parte più progredita del mondo, cioè all'Europa, agli Stati Uniti. Sempre attento a non lasciare l'Italia da sola».

Carlo De Benedetti
«L'Italia da oggi è più povera. Con l'Avvocato Agnelli scompare una figura insostituibile e un grande protagonista della vita italiana degli ultimi cinquant'anni». Così l'ingegnere Carlo De Benedetti ha commentato la scomparsa del presidente onorario della Fiat.

Giovanni Berlinguer
«È stata una figura altamente rappresentativa del capitalismo familiare italiano che ha saputo a lungo guidare l'azienda con molta dignità, incrementi produttivi e lavorativi. Certamente l'ultima fase della gestione familiare della Fiat è opinabile, ma questo non cancella i suoi meriti e il grandissimo rispetto che abbiamo e tutti dobbiamo avere della sua figura».

Francesco Cossiga
«Con Giovanni Agnelli scompare un altro pezzo della storia civile del nostro Paese, di una storia fatta di vittorie e di sconfitte, di libertà e dittatura, di cadute e rinascite». Lo afferma l'ex capo dello Stato e senatore a vita Francesco Cossiga commentando la morte del presidente onorario della Fiat. «Con lui - conclude Cossiga, che da presidente della Repubblica ha nominato Agnelli senatore a vita nel giugno del 1991 - scompare un cittadino che ha ben meritato della Patria».

Cesare Romiti
«Sono arrivato in Fiat 25 anni fa ed è stata un'avventura piena di alti e bassi, in un momento difficile per l'azienda e in un periodo turbinoso per il Paese. Ma insieme all'Avvocato abbiamo risollevato la Fiat. Se l'aggettivo "straordinario" si deve usare lo si deve fare proprio con Gianni Agnelli. Era un uomo di eccezionali capacità e di grandi aperture».

Massimo D'Alema
«Lo ricordo come uno dei protagonisti dell'Italia repubblicana. Grande uomo d'impresa che ha saputo interpretare con equilibrio e saggezza il suo ruolo. È stato per decenni un interlocutore prezioso anche per quelle forze del mondo del lavoro e del riformismo che pure hanno vissuto i passaggi più delicati della vicenda industriale della Fiat da una frontiera opposta, anche se mai nemica, alla proprietà. In anni più recenti, alla luce dei suoi impegni parlamentari come senatore a vita e delle mie responsabilità istituzionali, ho avuto modo di incontrarlo e di parlargli con maggiore frequenza. Erano colloqui sereni e ricchi di quell'umanità e di quella visione aperta dei problemi della politica, dell'economia e della società che, col tempo, ho imparato a conoscere e ad apprezzare. Coltivo la speranza che i suoi collaboratori ed eredi avranno le stesse intelligenza e capacità».

Pier Ferdinando Casini
«Proprio qui fuori dall'Italia (il presidente della Camera si trova in Spagna, ndr) si avverte quanto forte sia stata l'immagine di Gianni Agnelli come simbolo del nostro Paese nel mondo. Sono affettuosamente vicino ai familiari, ai lavoratori della Fiat e alla città di Torino che da oggi si sentono certamente più soli. Agnelli è stato un uomo straordinario e la parabola della sua vita si intreccia con le pagine belle e anche a quelle tristi della storia d'Italia».

Piero Fassino
«Un protagonista della storia d'Italia. Un uomo che, lungo oltre mezzo secolo, è stato il simbolo stesso di quello straordinario sviluppo industriale che ha fatto dell'Italia un grande Paese nel mondo».

Silvio Berlusconi
«Giovanni Agnelli è stato protagonista per oltre mezzo secolo della vita italiana».

Leopoldo Pirelli
«Con la morte del presidente onorario Fiat l'Italia perde uno dei suoi cittadini più significativi; molti perdono un amico».

Armando Cossutta
«Quella di Gianni Agnelli è una scomparsa tristissima: la fine della sua vita coincide con la conclusione fallimentare della sua impresa industriale. Con lui scompare il più grande capitalista italiano. Contro di lui abbiamo combattuto strenue battaglie, ma non dimentichiamo che anche lui ha contribuito a portare l'Italia tra i paesi più avanzati del mondo. Altri tempi, altre tempre».

Guglielmo Epifani
«Esprimo il cordoglio mio personale e della Cgil per la morte del senatore Giovanni Agnelli. Scompare con lui la figura più rappresentativa del mondo imprenditoriale e uno dei protagonisti della storia economica e politica dell'Italia degli ultimi 40 anni. Con lui la Fiat ha vissuto la fase del grande sviluppo e del suo processo di internazionalizzazione e la sua morte coincide con la fase di crisi più acuta dell'azienda. Da presidente della Confindustria contribuì ad accordi importanti con il sindacato e con Luciano Lama nella difesa delle condizioni del mondo del lavoro. In altre occasioni ci fu polemica tra le posizioni dell'azienda e le opinioni della Cgil, ma anche in questi momenti i rapporti sono stati improntati all'attenzione e al rispetto reciproco».

Alain Elkann
«Siamo tutti molto addolorati. Malgrado uno se l'aspetti, la morte sorprende comunque. È un grandissimo dolore per la famiglia. I miei figli saranno all'altezza di questa dolorosissima situazione».

Andrea Pininfarina
«La scomparsa dell'Avvocato Agnelli costituisce una gravissima perdita per il mondo industriale italiano. Per anni ha incarnato, in Italia e all'estero, l'immagine di una imprenditorialità illuminata e credibile, coniugando forza di volontà e carisma. È stato un simbolo dell'Italia, l'uomo che ha rappresentato anche nei momenti più difficili, un costante punto di riferimento per tutti noi imprenditori. La Sua scomparsa lascia un vuoto incolmabile nella Fiat, a Torino, nell'intero Paese».

Carlo Azeglio Ciampi
«La scomparsa del senatore a vita Giovanni Agnelli lascia un grande vuoto nella scena italiana. Egli è stato per oltre mezzo secolo uno dei protagonisti della storia del nostro Paese, esprimendo in ogni momento critico valori fondamentali del carattere e dell'identità nazionale».

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Torino, una città a lutto
Decine di migliaia di persone in coda davanti alla camera ardente per l'ultimo saluto all'Avvocato
Un fiume di gente oggi, sabato 25 gennaio, ha sfilato davanti alla bara di Giovanni Agnelli: tre ore e mezza di coda per entrare nella camera ardente allestita nella Pinacoteca del Lingotto, una delle sedi storiche dell'azienda automobilistica torinese.

A dare l'ultimo saluto all'Avvocato non solo rappresentanti delle istituzioni, della politica, dell'economia e dello sport. Ma anche semplici famiglie con bambini, pensionati, ragazzi, ex dipendenti e tifosi della Juventus, in una ordinata fila sul tetto del Lingotto.

Tra i primi a rendergli omaggio il pilota della Ferrari Michael Schumacher insieme al direttore tecnico Jean Todt e al presidente Luca Cordero di Montezemolo in lacrime. Poi la squadra della Juventus al gran completo. In mezzo Cesare Romiti, il presidente di Confindustria Antonio D'Amato, l'ex ministro degli esteri Renato Ruggiero, il segretario della Cisl Savino Pezzotta, Oscar Luigi Scalfaro, Francesco Rutelli, il presidente della Commissione europea Romano Prodi, Sergio Cofferati, il presidente della Regione Piemonte Enzo Ghigo e il sindaco del capoluogo piemontese Sergio Chiamparino, che ha decretato per oggi una giornata di lutto a Torino; con loro tanti altri esponenti del mondo politico e finanziario.

La vedova Marella e i fratelli Umberto e Susanna, la figlia Margherita, i nipoti tra cui John Philip Elkann, l'unico discendente dell'Avvocato nel board di Fiat, hanno accolto pazientemente tutti. Presenti anche i vertici dell'azienda, a cominciare dal presidente Paolo Fresco e l'amministratore delegato Alessandro Barberis per il rito delle strette di mano ai torinesi.

Vista la grande affluenza di persone al Lingotto, la camera ardente resterà aperta tutta la notte. Previsti per domenica mattina i solenni funerali ai quali prenderanno parte le massime cariche istituzionali: il Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi, il capo del Governo Silvio Berlusconi, i presidenti della Camera e del Senato, Pierferdinando Casini e Marcello Pera. Gli italiani all'estero ricorderanno l'Avvocato osservando un minuto di raccoglimento, lo ha dichiarato il ministro per gli Italiani nel Mondo Mirko Tremaglia dopo la breve visita alla camera ardente.

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L'ultimo omaggio all'Avvocato
I funerali nel Duomo della sua città, officiati dall'arcivescovo di Torino, cardinal Severino Poletto
Applausi composti hanno accolto oggi, domenica 26 gennaio, l'arrivo del feretro di Gianni Agnelli sul sagrato del Duomo di Torino gremito dentro e fuori. All'interno della cattedrale familiari e personalità del mondo della politica, dell'economia e del mondo dello sport, oltre che giornalisti e tanta gente comune. La cerimonia per dare l'ultimo saluto a Gianni Agnelli è stata officiata dall'arcivescovo di Torino, cardinal Severino Poletto, insieme ad altri quattro vescovi e di una decina di sacerdoti, tra cui il fondatore del gruppo Abele Don Ciotti.
Poletto ha parlato durante l'omelia dell'umanità dell'Avvocato: «È sorprendente che un uomo di così grande rilevanza sulla scena mondiale si sia preparato a morire come un cristiano». Ricordando come recentemente gli avesse manifestato il desiderio di confessarsi per ricevere la comunione e prepararsi al momento supremo. In un incontro avvenuto in un recente passato Poletto aveva chiesto ad Agnelli se voleva essere ricordato come l'Avvocato o il senatore a vita. Agnelli rispose che preferiva la denominazione "l'Avvocato" che considerava il suo nome d'arte.

La navata del Duomo sembrava scomparire dietro le corone di fiori deposte da familiari e dalle massime cariche dello Stato. La famiglia Agnelli era riunita davanti all'altare, nella fila di sinistra: la moglie dell'Avvocato, Marella, la figlia Margherita con il marito Serge de Pahlen, i nipoti. Poi i collaboratori che per Agnelli erano come persone di casa: Paolo Fresco, Cesare Romiti e tante altri nomi dell'economia italiana. Nella fila destra le autorità politiche: il presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi e la signora Franca, l'ex presidente Oscar Luigi Scalfaro, il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, quello del Senato Marcello Pera, quello della Camera Pier Ferdinando Casini e il vice presidente della Corte costituzionale Gustavo Zagrebelsky.

Oltre alla presenza del sindaco di Torino, Sergio Chiamparino, e del presidente della Regione si poteva notare quella di Giulio Andreotti, del ministro delle Attività produttive Antonio Marzano, del ministro delle Finanze Giulio Tremonti e quella del sottosegretario alla presidenza del Consiglio Gianni Letta. Nutrita la rappresentanza del mondo politico: oltre agli esponenti di governo siedono in chiesa anche Piero Fassino, Mario Borghezio e Giorgio La Malfa. Anche il mondo del giornalismo italiano era presente: dal direttore del Corriere della Sera Ferruccio De Bortoli a Marcello Sorgi della Stampa, fino a Paolo Mieli e Jas Gawronski. Senza dimenticare gli idoli del mondo del calcio come Michel Platini, Claudio Gentile, Marcello Lippi e Giampiero Boniperti.

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